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EL MONSTRUO

Primo giorno e mezzo a Mexico City. L’impatto è devastante. Ti fa dimenticare il forzato politeismo (intesa come l’esagerata educazione superficiale) degli americani e ti fa capire subito quanto i latinos possano essere colorati, disordinati, incasinati, rumorosi, sporchi, tuttofare, organizzatissimi, approfittatori e come riescano a far funzionare questa mostruosa macchina enorme ed imperfetta surfando sull’orlo del tracollo ogni giorno che manda il Signore. Dicono addirittura che l’intera città galleggi su un sottosuolo magmatico dormiente che si mangia centimetri di terra ogni anno. Tecnicamente Città del Messico sta sprofondando sotto il suo stesso peso. Del resto il “peso” di 15 mln di persone si sente. La città è così tanto costruita ed asfaltata che la pioggia non riesce più nemmeno a filtrare nel terreno e quindi non si alimenta la falda e quindi c’è sempre grande siccità e quindi l’acqua scarseggia. Tutto questo ce lo racconta Gregorio o Gonzalo o Gustavo o Gutierrez, chiunque esso sia, il nostro driver che ci porta dall’aeroporto in hotel. Un messicano basso coi baffi bianchi che gli piace parlare. Qui scopriamo la prima grande pierinata della vacanza: il nostro hotel, da noi scelto appositamente sulla gran guida degli hotel per stronzi fighetti, è situato a 35 km dal centro della città. In pratica in un’altra città. Ovvero in un quartiere tutto biziness e palazzi vetrati. E questo è un problema perché la più grande piaga di questa città, più di tutte le altre, è il traffico. Come a Palermo. Ma molto peggio. Pare che ogni mattina ed ogni sera si riversino più di 5 mln di persone che entrano ed escono dalla città. Quindi la bellezza della nostra stanza con vista al 25esimo piano viene vanificata dalle ore perse per spostarsi verso le parti più interessanti da visitare. Perché i mezzi pubblici sono impraticabili e i taxi poco sicuri. Quindi? Un modo si trova sempre, ma si impara anche da questo. Dove le dimensioni contano e dove sei una briciola in un mare in continuo movimento non puoi permetterti di sbagliare quando vuoi tornare a casa e non sai come. Oggi è domenica e ci siamo mossi con più facilità. Siamo stati nel Zocalo, la piazza principale con tutto quello che le sta intorno. Palazzi coloniali, basiliche sfarzose, rovine azteche. Appena arrivati in centro Cost ha dichiarato “qui mi piace, qui sembra Bari”. Per colazione siamo finiti in una specie di locale tipico in stile veracruziano con tanto di mariachi band a far burdell alle nove della mattina. Cost euforica.

Poi fuori, nel giro di poche mezz’ore le strade vuote si sono riempite di venditori di qualsiasi cosa, ma qualsiasi cosa a patto che sia bruttissima, urlatori, buttadentro, imbonitori, e la ggggente. Cristiddio quanta gente. Sembra tutto assurdo. Un fiume umano in piena e in continua rivoluzione che si dirama e si espande solo in alcune vie ben definite che sono un cianfrusagliodromo a cielo aperto apparentemente inutile, immotivato, insensato ed esageratamente unto. E invece eccola qui Città del Messico. Ah e in mezzo allo Zocalo c’è una pista di pattinaggio gigante ovviamente affollatissima, in una città con poca acqua e con 20 gradi a dicembre…

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